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Il cosiddetto Web 2.0 (ovvero l'internet partecipata dei Blog, dei Wiki e dei web scritti a più mani) sta rapidamente approdando ai problemi civici vitali e di ogni giorno (cosa diversa dai servizi pubblici) e una ricercatore italiano, David Osimo, ne ha recentemente censiti un centinaio, per le nuove strategie di ricerca della Commissione Ue.
E poi il connubio pubblico-privato. «Negli Usa stanno nascendo startup come la Nic che offrono gratuitamente alle Amministrazioni servizi di e-government -spiega Enrico Ferro del Politecnico di Torino- salvo riservarsi piccole fees su alcuni servizi più complessi. E solo con queste si ripagano le attività e fanno profitti».
Modelli di business di questo tipo se ne possono inventare diversi. Forse con l'annunciato federalismo fiscale anche le Amministrazioni locali italiane potrebbero porsi il problema di far rendere realmente l'e-government, sia in termini di minori costi interni che di ricavi aggiuntivi. Mettendo in moto un circolo virtuoso di investimenti. Aprendosi, magari tramite reali e provati specialisti, alla cooperazione con nuovi intermediari e, soprattutto, con gli utenti. Di quelli che hanno bisogno di un cambio di residenza veloce, di sapere se c'è lavoro, di una cura di qualità per una malattia grave di un familiare.